giovedì 12 dicembre 2013

Fumetto o graphic novel?

Se fate un giro sul web troverete diversi commenti sull’intervista di Concita De Gregorio a Gipi sul suo ultimo libro (UnaStoria, Cononino – la citazione vale anche come consiglio di lettura: è un lavoro straordinario e toccante). Potete facilmente trovare il video dell’intera trasmissione; oppure potete leggere (qui) lo stralcio che ora m’interessa.

Credo che Gipi con semplicità e schiettezza abbia risposto a De Gegorio. Credo pure sia stato corretto nell’evitare accenti polemici: la giornalista, con la sua uscita sul fumetto “un po’ un genere minore” non mostrava scarso rispetto, ma solo l’oggettiva difficoltà di chi non è “abituato” a queste letture.

La circostanza comunque m’ha fatto sorridere. Nel mio piccolo ho dovuto affrontare spesso domande/dubbi/pregiudizi simili a quelli a cui ha risposto Gianni. “Come mai hai scelto proprio il fumetto per raccontare [inserire qui: Piazza Fontana, Piazza della Loggia, i fatti di Genova…]?”; oppure: “la scelta del fumetto per raccontare [inserire…] è dovuta alla volontà di avvicinare a questi temi giovani lettori che, altrimenti, sarebbero restii ad informarsi sull’argomento?”.

Anch’io ho sempre risposto cortesemente. Almeno spero: a volte posso essere sembrato “seccato” (sai com’è, alla decima volta che te lo domandano…), ma se sono stato scortese me ne dispiaccio.
Però spesso mi sono domandato se De Andrè abbia mai dovuto replicare a chi gli domandava “scegliere di parlare di [inserire una delle tante tematiche che il grande Faber ha affrontato nei suoi brani] attraverso una canzone è una tua scelta per rendere pù semplice ed accessibile l’argomento?”. Oppure se Picasso abbia dovuto spiegare il suo Guernica (“com’è possibile descrivere l’orrore di un bombardamento con olio su tela, senza neanche una parola?”).

Credo sia sbagliato, in fondo, parlare di “arti”, al plurale. Esiste l’arte, con molteplici modi di declinarla, di esprimerla (di esprimersi). In un’intervista a Carlo Gubitosa dissi “ogni messaggio dipende dal mezzo e va rapportato alle sue potenzialità, ogni forma espressiva è degna, se utilizzata bene, di essere veicolo per qualsiasi contenuto”.

Peccato che il fumetto risenta ancora (almeno da noi, in Italia) di antichi pregiudizi. Proprio l’intervista De Gregorio/Gipi fa pensare che forse qualcosa si sta muovendo, in questo senso.

Francesco “baro” Barilli

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