giovedì 27 maggio 2010

Piazza della Loggia e un Paese che non chiude i conti con la Storia



La tavola che vedete qui sopra è la testimonianza mia e di Matteo Fenoglio per l'anniversario della strage di Piazza della Loggia, che cade domani.

E' stata pubblicata sull'Unità di oggi, unitamente ad un nostro articolo (che riporto di seguito e che spiega le nostre intenzioni):

Piazza della Loggia e un Paese che non chiude i conti con la Storia

Il 12 dicembre 2009 Radio 3 ha dedicato una lunga diretta al quarantesimo anniversario della strage di Piazza Fontana. Nel finale della trasmissione si sono ascoltate le testimonianze raccolte fra gli universitari milanesi. Voci sconcertanti: chi addebitava la strage alle BR, chi addirittura all’estremismo islamico. Già nel 2004 e nel 2005 due sondaggi, condotti fra gli studenti delle scuole superiori di Brescia e Bologna, hanno fornito risultati analoghi. Poche le risposte corrette, molti “non sa o non risponde”, poca consapevolezza dei contesti storici, le rispettive stragi addossate con alte percentuali al terrorismo “rosso” o a matrici stravaganti. Le voci degli studenti milanesi non erano dunque una novità. Ma il sapore era ugualmente amaro, specie in quella ricorrenza.
Il nostro Paese per anni ha avuto una “Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi”. E la Legge n. 56 del 2007 ha individuato nel 9 maggio, anniversario dell'uccisione di Aldo Moro, il "Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice”. Leggere quelle due formule macchinose fa capire quanto sia faticoso ottenere la “memoria condivisa” di cui tanto si parla. Una fatica ancora più evidente se pensiamo che quella Commissione, dopo anni di lavoro, non è giunta a un documento conclusivo. Dopo sei decenni di vita repubblicana l’Italia non sa chiudere i conti con la propria storia.
Licia Pinelli, nella lunga intervista rilasciata a Piero Scaramucci (“Una storia quasi soltanto mia” – Feltrinelli) ha detto: “Avere giustizia è che tutti sappiano la verità”. Quella frase, oltre ad esprimere un senso nobile e “diverso” della parola giustizia, ci dice due cose: che l’ignoranza dei giovani sulle stragi italiane è più di una semplice mancanza generazionale; e, rovesciandone i termini, che la più grande forma d’ingiustizia è lasciare che nessuno sappia la verità.
Eppure, come data simbolo di quella stagione si è scelto un episodio segnato dalla matrice brigatista, su cui la consapevolezza storica appare consolidata e l'azione di condanna, giudiziaria e politica, è giunta a compimento, a differenza del precedente periodo stragista. Uno “strabismo del ricordo” che non sottolineiamo per sminuire la portata storica del "terrorismo rosso", né per smorzare lo sdegno per la violenza brigatista. Questo sarebbe indecente in una giornata come quella odierna, in cui si ricordano due tragedie dall’opposta matrice: la strage di Piazza della Loggia e l’omicidio di Walter Tobagi. Semplicemente, la memoria degli anni ’70 o è completa o resterà un’immagine parziale e distorta.
Proprio dopo l’anniversario di Piazza Fontana alcuni hanno ricordato che è tuttora in corso il processo per la strage di Brescia, chiedendo che di questo processo si parli. Voci autorevoli, ma non hanno avuto seguito. Anche in occasione della testimonianza di Angelo Izzo le cronache si sono limitate alla morbosa curiosità per il passato del “mostro del Circeo”. Nessun accenno alla strage o al processo dove, senza volerne anticipare gli esiti sul piano delle responsabilità personali, si presenta un impianto d’accusa inquietante e ricorrente in analoghi episodi: un nucleo operativo dell’eversione neofascista, l’intesa con uomini dei servizi segreti, la copertura di apparati politici e militari. Alla sbarra come imputati, fermo restando il principio di innocenza fino all’emissione del verdetto definitivo, uomini dell’estrema destra italiana, noti e meno noti, come Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Pino Rauti, Giovanni Maifredi (già deceduto); elementi ambigui, la cui classificazione ondeggia fra l’estrema destra e i servizi segreti, come Maurizio Tramonte (la cosiddetta “fonte Tritone” del SID); l’ex generale dei carabinieri Francesco Delfino (capitano all’epoca dei fatti).
Abbiamo assistito ad alcune udienze di questo processo. A parte la nutrita schiera degli avvocati sono presenti i familiari delle vittime, alcuni mediattivisti che meritoriamente seguono la vicenda su Facebook, cronisti di quotidiani bresciani. Il processo sembra un fatto di cronaca locale, non un pezzo di storia italiana…
Tutte considerazioni che ci portano a questo articolo. Realizzato per l’anniversario di Piazza della Loggia, ma pensato nel giorno della memoria, che dovrebbe avere come primo obbiettivo il ricordo non come gesto estemporaneo e puramente commemorativo, ma come segno di partecipazione civile alla Storia del Paese.
Ricordare oggi la strage di Brescia come fatto attuale e come ferita viva nel corpo del Paese, e non come mistero a cui rassegnarsi, è un segnale che avrà un significato solo se non resterà isolato. Solo allora si potrà davvero parlare di una memoria condivisa che unisce non solo tutte le vittime di quella stagione, ma l’intera nazione.

Francesco “baro” Barilli e Matteo Fenoglio

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Un grosso grazie a Guido e Federico del BeccoGiallo, e alla redazione dell'Unità!!!

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