martedì 20 ottobre 2009

Sulla presunta incostituzionalità della legge contro l’omofobia

Alcuni giorni fa mi sono imbattuto in una trasmissione radiofonica sulla bocciatura della legge contro l’omofobia. Intervenivano persone comuni, e per questo l’ho seguita incuriosito, cercando di cogliere in quei pareri il “comune sentire”, ritenendolo più interessante delle dichiarazioni dei parlamentari che avevo ascoltato precedentemente. Stranamente, tutti o quasi i pareri erano non solo concordi con la bocciatura della legge, ma condividevano pure lo stesso tono e le stesse motivazioni di fondo. Non parevano, cioè, viziati da pregiudizi verso la comunità lgbt (almeno, non a livello conscio) ma concordavano nel ritenere sbagliato tutelare una minoranza (nella fattispecie, quella lesbica/omosessuale/transgender) più di altre. Tutti quei pareri li si potrebbe sintetizzare in uno, che suona più o meno così: “certo, è giusto e sacrosanto punire con fermezza gli episodi di violenza recentemente verificatisi ai danni degli omosessuali, ma senza per questo individuare per questi fatti aggravanti specifiche. Quei crimini vanno trattati come fossero ‘normali’ aggressioni, perché altrimenti si creerebbero disparità verso altre categorie di persone”.
Mi sembra uno di quei casi in cui l’opinione pubblica è stata sapientemente indirizzata verso un atteggiamento di rozzo buon senso che, anche quando in buona fede, nella migliore delle ipotesi è miope e incapace di vedere la complessità del problema.
Qualche esempio, banale ma utile proprio per l’elementare semplicità. Se una sinagoga viene incendiata da un gruppo di nazisti, è difficile vedere nel gesto un “semplice” – per quanto grave – danneggiamento senza parlare anche di antisemitismo. Se un gruppo di criminali aggredisce un individuo di origine africana per il colore della pelle, sarebbe demenziale parlare di “semplici” lesioni senza parlare di razzismo.
Altro esempio, persino più banale. Se il signor Mario Rossi, individuo di natura rissosa e manesca, viene coinvolto in un incidente stradale col signor Renato Bianchi (omosessuale) e, non sapendosi controllare, appena sceso dall’auto colpisce con un pugno l’altro conducente, l’aggressione va sanzionata in via “normale”. Magari ricorrendo alla sola aggravante dei “futili motivi”, supponendo che il gesto abbia la sua origine nella brutalità e inciviltà dell’altro automobilista, dovendo immaginare che l’inclinazione sessuale del Bianchi nulla c’entri con l’incapacità di Rossi nel controllare la propria rabbia. Ma se l’aggressione fosse maturata in un altro contesto, e appurassimo che il sig. Rossi si è avventato contro “l’avversario” solo perché ritiene insopportabile la sua omosessualità, mi sembrerebbe assurdo non parlare di omofobia.

Credo che a chi sostiene l’incostituzionalità delle norme contro l’omofobia sfugga una cosa molto importante. La Legge – in generale, intendo – non ha il solo scopo di individuare casistiche da perseguire penalmente, bilanciando colpe e punizioni secondo criteri di gravità e conseguente progressività delle pene. Ha pure un altro compito, socialmente persino più importante: dare segnali, dimostrarsi in grado di capire la mutevolezza dei contesti e l’oscillante gravità dei comportamenti secondo la loro diffusione.
Personalmente, aspiro a un mondo in cui non sarà più necessario parlare di aggravanti per razzismo o antisemitismo, perché mi auguro una società in cui tali atteggiamenti siano totalmente sradicati. Ma fino a quel giorno sarà necessario appurare se un’eventuale aggressione a un africano sia dovuta anche (o, peggio, solo) al colore della pelle della vittima, e fino a quel giorno sarebbe folle eliminare dal nostro ordinamento le aggravanti per motivi razziali. Analogamente, mi auguro che un giorno una legge sull’omofobia sia totalmente inutile, perché tutte le inclinazioni sessuali avranno libera cittadinanza, e vedere due uomini o due donne camminare mano nella mano sarà “normale” proprio come vedere una coppia formata da individui di sesso diverso. Ma fino a quel giorno è dovere di ogni cittadino (indipendentemente da quale che sia il suo personale giudizio morale sulle sessualità diverse da quella etero) riconoscere che in Italia l’omofobia esiste, eccome se esiste… Ed esiste non solo alla luce delle aggressioni recentemente denunciate, ma nello stesso momento in cui capiamo che camminare mano nella mano, per Mario e Luca, è molto più pericoloso di quanto non lo sia per Fabrizio e Sabrina. E questo, in un periodo in cui si (stra)parla di sicurezza dovrebbe far riflettere anche quelli che (per pregiudizi, chiusura mentale, dogmi morali e religiosi, o qualsiasi altro motivo) faticano ad accettare l’omosessualità come una normale e possibile inclinazione della specie umana.

Francesco “baro” Barilli

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