venerdì 14 dicembre 2007

Piazza Fontana: “avere giustizia è che tutti sappiano la verità”

Mercoledì sera ero a Milano, allo Spazio Teatro 89, per una serata in memoria della strage di Piazza Fontana. Devo fare un elenco di alcune persone che erano con me; non per soddisfare la voglia di protagonismo di qualcuno ma, al contrario, per evidenziare qualche assenza. C’erano Daniele Biacchessi (giornalista e scrittore: a lui si deve il progetto “suoni della memoria”, in cui si inseriva l’iniziativa), gli avvocati Sinicato e Mariani (legali storici dei processi su Piazza Fontana), Walter Bielli (membro della commissione stragi), Francesca Dendena (figlia di Pietro, morto nella strage), e altri ancora: Saverio Ferrari, Lydia Franceschi, il giudice Salvini, mi scuso con quelli che dimentico. Presenze qualificate e interessanti, per una serata che grazie a loro non è stata semplice commemorazione ma “memoria”. Però dov’era il Comune di Milano? Dov’erano le Istituzioni?
Ho una brutta sensazione, che fatico a scacciare, come si dovrebbe fare coi cattivi pensieri: che per le autorità le stragi si liquidano con un minuto di silenzio, o con una corona di fiori posta alle 16,33 di ogni 12 dicembre. Del resto, proprio al teatro alla Scala di Milano, se la sono cavata così anche recentemente, per gli operai assassinati all’acciaieria di Torino. Vestiti di gala, gioielli tirati fuori per l’occasione, abiti da sera scosciati, qualche décolleté un po’ azzardato o ottimista… Uomini e donne con la divisa del grande appuntamento: un minuto di raccoglimento, e poi via, 5 ore di Wagner. Poco m’importa di loro; mi preoccupa di più lo stato della memoria di questo paese, che mi sembra maggiormente garantita da chi era con noi l'altra sera, i vestiti decisamente meno appariscenti, il silenzio raccolto di chi ricorda uno dei tanti, troppi giorni in cui l’Italia si è sentita ferita e perduta.
Il giudice Salvini ci ha portato una notizia positiva, ufficialmente comunicata proprio mercoledì a Cremona. Da anni, assieme alla richiesta di verità e giustizia, i familiari delle vittime di molte stragi italiane si sono fatti carico di una pressante esigenza circa la sorte degli atti dei processi. Migliaia di pagine che rischiano di deteriorarsi e di finire al macero, o comunque di diventare inservibili. Questo appello, sostenuto anche da qualche bravo giornalista e dal ministero della Giustizia, è arrivato all’attenzione di Pierpaolo Beluzzi, magistrato di Cremona interessato alla questione e competente in materia informatica. La digitalizzazione degli atti è partita con lo spezzone che fu di competenza del dottor Salvini, ed è stata realizzata in pochi mesi da una cooperativa interna al carcere, da 4 detenuti, e questo mi sembra un valore aggiunto per un’iniziativa già di per sé lodevole. Da gennaio il progetto si farà più ambizioso, e col supporto di altre realtà si digitalizzeranno gli atti di Catanzaro, sempre su Piazza Fontana, ma l’obbiettivo è creare una banca dati complessiva sui processi delle stragi italiane, in futuro disponibile via internet secondo modalità e tempi ancora da definire.
Scrivo queste righe mentre il treno mi scuote, sto tornando a casa. Penso a Licia Pinelli, che diceva “avere giustizia è che tutti sappiano la verità”. E penso a mio figlio, che ieri mi chiedeva “di cosa parlerai stasera? Di Piazza Fontana? Cos’è, un giorno la studierò?”.
Forse sì, figlio mio. O forse sul tuo libro di storia troverai un buco, come quello che una borsa in pelle lasciò sotto il tavolo in mogano del salone, nella banca nazionale dell’agricoltura. Ma ci sarò io a spiegarti, e se l’iniziativa cui accennavo andrà in porto potrai conoscere, sapere… Forse, se almeno tu sarai consapevole, non si potrà dire che hanno vinto “i cattivi”, che hanno vinto loro.

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