giovedì 26 luglio 2007

IL CALDO ABBRACCIO DI GENOVA 2007

Genova 2007 è un abbraccio caldo che m’accoglie alle 11 del mattino di venerdì 20 luglio. Un abbraccio grande che ne conterrà altri più piccoli fino alla sera di sabato 21. Ogni anno è così, e ogni anno al tempo stesso è speciale e unico: questa Genova non farà eccezione, se non per l’essere ancora più speciale e unica.
Assieme all’amica Sonia, al Carlini trovo subito Rosa, la mamma di Dax. Pranziamo assieme, mentre diamo un’occhiata allo stadio e penso che il comitato Piazza Carlo Giuliani non poteva avere idea migliore del riconquistare idealmente uno dei luoghi simbolo di Genova 2001. Nel primo pomeriggio, in attesa della partenza del corteo per piazza Alimonda, sulle gradinate dello stadio ritrovo Lorenzo Guadagnucci, del comitato verità e giustizia. Lorenzo è come sempre, acuto e lucido: in una lunga chiacchierata confrontiamo le nostre incazzature, le mie timide speranze e il suo ragionato scetticismo sulla possibile commissione parlamentare, le nostre idee sulle cose da fare. Lui è anche protagonista di una delle squadre del torneo di calcetto. “Atletico Diaz” si sono chiamati; gli dico che è un nome geniale e gli chiedo se come sponsor abbiano scelto una macelleria. Ridiamo assieme, e quello è il primo segno di cosa sarà Genova 2007: non una commemorazione retorica e rituale, ma una vitale, dove s'intrecciano memoria e passione.
Arriva il momento del corteo. Alcuni di noi si caricano sulle spalle gli striscioni che ricordano Carlo, Edo, Renato, Aldro, le stragi italiane… Sono leggeri sulle spalle, ci spingono a piazza Alimonda. Mi arriva un abbraccio alle spalle: è Gigi, con cui parlo di politica, rimpiangendo di poterlo ascoltare così raramente. Qualcuno non è venuto nel corteo, lo troviamo in piazza ad aspettarci. Alcuni non hanno voluto affrontare il caldo, altri forse hanno voluto sottolineare un proprio distinguo; non m’interessa né sembra interessare a nessuno: la piazza è un contenitore che realizza una di quelle rare alchimie in cui le distanze si azzerano e resta solo la voglia di stare assieme.
Arriva l’emozione, quando Cisco chiede un minuto di silenzio che Haidi riempie invece con la sua voce, che mi sembra meno flebile e più determinata del solito. Non so da quale nascosta riserva d’energie riesca ad estrarla, ma restiamo tutti ad ascoltare quella voce che scioglie l’emozione in un lungo applauso: un’altra forma in cui si manifesta l’abbraccio di Genova ’07.
A sera, al Carlini si respira un’aria impossibile da descrivere, solo da vivere. Alcuni intrattengono l’attesa della cena con canzoni partigiane e di lotta; un ragazzo sui 12 anni chiede la chitarra e sorprende tutti intonando Creuza de Ma’ (quanto mi manchi, quanto ci manchi, Fabrizio…).
A tarda sera ci prepariamo a vedere “OP”, il filmato che racconta la gestione dell’ordine pubblico a Genova 2001, soffermandosi su piazza Manin e soprattutto su via Tolemaide. Ho visto molti filmati sul g8 di Genova, ma questo è costruito con rigore scientifico e, contemporaneamente, è in grado di destare grande partecipazione. Al termine del video, una compagna intona Bella Ciao: senza capirne il motivo, sento che questo è uno dei momenti più emozionanti della mia vita di mediattivista.
E’ già notte quando conosco la madre di Renato Biagetti. Le chiedo del processo e della situazione a Roma. Scopro una donna lucida e determinata: mentre le parlo mi chiedo se è lei a poter contare sui compagni a Roma o se, al contrario, sono loro a potersi appoggiare a lei.
Arriva sabato mattina. Il tempo di accompagnare alla stazione Sonia, che deve tornare a Piacenza, e di arrivare poi al Carlini, e subito la destinazione cambia: mi precipito con Haidi alla prima assemblea della Sinistra Europea, convocata non a caso a Genova nel sesto anniversario delle giornate di luglio ’01. La mia è una presenza “mordi e fuggi”, giusto il tempo di scambiare due parole con Checchino (Genova non è Genova se non riesco a salutare pure lui!). Sempre con Haidi recuperiamo Massimo, appena arrivato da Como (nel pomeriggio parlerà di Rumesh) e si torna al Carlini.
Un pranzo veloce, ed è già tempo di due appuntamenti.Il primo è un piacevole fuori programma: incontro i ragazzi del Camilo Cienfuegos di Campi Bisenzio, che vogliono organizzare per ottobre un’interessante iniziativa su diritti e repressione. Ne parliamo assieme a Massimo e Luca (dell’associazione verità per Aldro) per vedere di organizzarla.
Arrivano Lino e Patrizia, genitori di Federico Aldrovandi. Riesco solo a salutarli brevemente, perché i tempi stringono: sta per cominciare il dibattito su repressione e antifascismo. Parlano Haidi, Massimo, Patrizia, compagni arrestati per i fatti di Milano dell’11 marzo e loro genitori e altri ancora. Una ragazza di Roma ci aggiorna sui fatti di Casal Bertone e Villa Ada. Io, per Reti-Invisibili, e Italo (dell’osservatorio sulla repressione del PRC) cerchiamo di tirare le fila di un dibattito ricco per interventi e variegato nei contributi. Un dibattito che abbonda di voglia di fare, di impegno, anche di rabbia che porta a qualche momento di tensione. Non nego un po’ di amarezza per quei contrasti (inopportuni a Genova, al Carlini, in questi giorni) ma credo vadano accolti come un segno persino positivo: a un dibattito ingessato e autoreferenziale ne preferisco uno vivo e partecipato, a costo di qualche “scazzo”.
Al termine dell’iniziativa, c’è giusto il tempo per scambiare quattro chiacchiere con Maria di Milano (la sorella di Iaio), ancora con Luca e sua madre. Poi, è già il tempo dei saluti. Ad Haidi e Giuliano dico che hanno saputo organizzare la Genova più bella e partecipata di questi anni. Quindi, col solo rimpianto di non poter partecipare alla fiaccolata alla Diaz, è già ora di mettermi in viaggio verso casa, scambiando con amici e amiche un arrivederci per il primo settembre, in ricordo di Renato. La voglia di ritrovarci presto tutti, di fare sentire la nostra presenza portandoci dentro un pezzettino di Genova e delle sue lotte, è uno dei tanti buoni frutti di queste giornate al Carlini. In macchina, un’ora e mezza di De Andrè mi fa compagnia: non saprei immaginarne una migliore.

Francesco “baro” Barilli

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