giovedì 10 maggio 2007

Lettera a Giorgiana, trent'anni dopo

Cara Giorgiana,
tra pochi giorni saranno passati trent'anni da quando sei stata uccisa. Era il 12 maggio '77, e sfidando il divieto di manifestazioni pubbliche, radicali e gruppi di sinistra avevano promosso un sit-in in piazza Navona, nell'anniversario del referendum sul divorzio. Quella sera venisti colpita da un proiettile alla schiena, morendo durante il tragitto all'ospedale.
Cossiga recentemente ha parlato ancora di te, ma l'ha fatto senza alcun riguardo. Non ha ricordato che, nell'immediatezza dei fatti, tante frottole furono raccontate al Parlamento e al Paese; non ha ricordato le testimonianze circa agenti in borghese che sparavano ad altezza d'uomo. Ha ricordato d'aver avvertito Pannella dei pericoli, scongiurandolo di evitare la manifestazione di Piazza Navona, e ha detto di sapere, assieme ad altre 4 persone, la verità su chi sparò, aggiungendo che il capo della squadra mobile gli confidò "di aver messo in frigo lo champagne, da bere quando sarebbe emersa la verità".
Cara Giorgiana, a te non è stato concesso invecchiare. Sappi dunque che l'età porta ben pochi vantaggi. Uno di questi è che, per pietà o per rispetto, ci si può esprimere con una certa impunità. Verso "i potenti", poi, la vecchiaia è più magnanima: circonda le loro dichiarazioni di un'aura di sacralità e rispetto. A questo Paese non interessa la verità, Giorgiana. Questo è quanto ho imparato, e te lo dico con dolore.
Poche settimane fa ero a Milano a parlare di casi come il tuo, ragazzi morti "per ordine pubblico" (non eri la prima, non saresti stata l'ultima), e ho ricevuto in dono "Cronaca di una strage", il libro bianco del partito radicale sulla tua uccisione e sui fatti del 12 maggio 1977, così mi sono ritrovato a pensare a te. In parte sono le piccole casualità in cui ogni tanto inciampa la vita. Mi sento stupidamente ironico nel dirtelo, perché a te non si può parlare della vita: ti è stata strappata prima ancora potessi conoscerla. Ho cercato allora tue immagini in internet. Quella che appare più nitida e frequente è quella del tuo documento d'identità. Sei imbronciata in quella foto, quasi oppressa da qualcosa di oscuro che non riesci a decifrare. E sei bella, dannatamente bella, e provo vergogna nel dirtelo. Negli articoli che ho trovato, si ricorda soprattutto che la tua morte restò senza giustizia "poiché rimasti ignoti i responsabili del reato". Non era una novità nemmeno per te, lo sai: tanti ti avevano preceduto, altri ti avrebbero seguito sulla stessa strada della giustizia mancata.
Quest'anno, il 12 maggio, a Roma ci saranno due manifestazioni contrapposte. Nello stesso giorno in cui settori del mondo cattolico hanno convocato il family day, radicali e altre realtà hanno promosso la giornata del coraggio laico. Credo che pure tu augureresti il massimo successo alla seconda iniziativa, ma fino ad oggi nessuno ha avuto il coraggio di dire che quel giorno andrebbe speso anche per ricordare te. Perché, cara Giorgiana, non mi piace pensare che siamo polvere e torniamo ad essere polvere. Preferisco pensare che siamo aria, che coagula in sangue, simboli, sentimenti, e alla fine svanisce e torna ad essere aria. O se preferisci un lampo nello sguardo infinito di una storia che in molti (nel tuo caso) vorrebbero dimenticare. Ecco perché sono qui e parlo di te: perché la tua morte non finisca nella spazzatura degli irrisolti misteri italiani. E magari perché chi conserva lo champagne nel ghiaccio si vergogni un po', anche se non ci conto molto.
Con affetto
Francesco "baro" Barilli

Note:
articolo apparso anche su Liberazione del 4 maggio 2007